30 marzo 2013

Pranzo da Rocco, o delle asimmetrie in Giappone


Ho scritto un nuovo racconto. È corto, ma è troppo lungo da leggere sullo schermo del computer. Vi consiglio quindi di scaricare e stampare la versione in PDF oppure scaricarlo sempre gratuitamente dall'iBookstore se avete una periferica Apple. Se siete affezionati di Amazon, potete scaricarlo anche da Amazon ma vi faranno pagare 0,89€, perché non consentono la pubblicazione di racconti gratuiti. Se però volete fare una cosa bellissima, scrivete ad Amazon lamentandovi che il racconto è disponibile gratuitamente sull'iBookstore e allora dovrebbero renderlo gratuito anche su Amazon.

22 marzo 2013

Late - For the second anniversary of the Great Tohoku Earthquake


Here is the English version of the short thing I wrote for the second anniversary of March 11th. My localization into American English, so please forgive the awkwardness.

You will never forget, the moment the earth shook
 - from "Fist of the North Star" Italian opening titles song

Because March 11th of two years ago was like September 11th of twelve years ago and like November 22nd of 50 years ago: you can't forget the loss of innocence. Because, even if was not around the day JFK got shot, I can remember well enough the collapse of the Twin Towers: I was comfortably sitting in front of my computer. Just like I was in front of my computer – but a lot less comfortably – when the Earth decided to remind those who live in that skinny piece of crust called Japan that we creatures are nothing more than guests in our travel over its surface, hitchhikers to unload at the occurrence, a casual event to discharge with über-natural nonchalance.
Magnitude 9. It didn't happen in Tokyo: here the physical damage was limited to a few chipped mugs. In the Tohoku, closer to the epicenter, I never quite understood how much destruction the earthquake in itself brought: of course, Italy would have been razed to the ground, but Japanese buildings were pretty sturdy against the shaking. But later came the tsunami. And a bit later yet, came the "nuclear tsunami". So even in Tokyo the feeling of security waned and those lucky enough like me flew away. Then the Italian warmth watered down the bitter aftertaste of cowardice that persisted in our mouths.
After two years, sometimes you think you can be back: in a place, in an emotion. But it's never like that. Smart people tell us that every time we make love it's because we want to relive the experience of the first time. But – even if better than that time – it will never be the same. Because us and them are constricted in the direction of our time arrow. There's not turning back.
Especially after destruction. Picking up the debris to rebuild. Certainties, relationships, homes: everything new, possibly better than before. But do we really feel better? Maybe. But only if entropy is unaccounted for: the mourning, the climbing back, the heat dissipated in the universe.
I cannot understand the horrors and the hardships of those that lived – and maybe still live – up north, closer to Fukushima, with a unresolvable nuclear problem, infinite on human scale. But infinite empathy is something of god alone, and I'm left with my little system made of small and irrationals angers and with that little suffering I felt directly: the crumbling of a ton of securities and of my ideal friendship with this country that – even though it's impossible to hate a nation where in the news the mating of pandas takes precedence over Kate Middleton pregnancy – has never been completely mended.
And when the earthquake returns, like on December 7th of last year with a tremor of magnitude 7.3, it might barely tickle Japanese buildings (and I restate: Italy would be  razed to the ground), but the fear is still there: foremost to relive the tragedy of March 11th. And then that everything could actually turn out worse. Who is to say that next time Fujiyama won't explode and bury us all in a cloud of smoke? But when there are no consequences, cataclysms aren't such and we are only left with the hurry to forget.

We pretend things only happen to strangers
We shake our heads at the tragedy

But that's the only way we have to carry on. Writing feels good, until the ink lasts. Then all that remains is an aimless arrow and the excitement of trying out a next generation liquid detergent: it cleans deep, and clothes come out softer, flower-scented and spotless like a still immaculate soul. Like the soul of a son that sleeps whenever the earth shakes. Who can blame him?

11 marzo 2013

Secondo anniversario del grande terremoto giapponese dell'11 marzo 2011


Mai scorderai, l'attimo, la terra che tremò.

Perché l'11 marzo di due anni fa è stato come l'11 settembre di 12 anni fa e come il 12 dicembre di 44 anni fa: non si può dimenticare la perdita dell'innocenza. Se non c'ero il giorno di piazza Fontana, ricordo bene il crollo delle torri gemelle: ero comodamente di fronte al computer. Così come ero di fronte al computer – ma molto meno comodamente – anche quando la Terra ha voluto ricordare a coloro che abitano su quel limbo di crosta chiamato Giappone che noi creature siamo solo ospiti nel nostro viaggio su di essa, autostoppisti scaricabili all'evenienza, una casualità di cui sbarazzarsi con naturalissima noncuranza.
Magnitudo 9. Non era a Tokyo: qua i danni fisici sono stati limitati a qualche tazza rotta. Nel Tohoku, più vicino all'epicentro, non ho mai ben capito quanto disastro abbia portato il terremoto in sé: ovvio, l'Italia sarebbe stata rasa completamente al suolo, però gli edifici nipponici sembravano aver retto bene. Ma poi è arrivato lo tsunami. E poco dopo lo "tsunami nucleare". Così anche qua a Tokyo non ci si è più sentiti al sicuro e i fortunati come me se la sono volata via. Il calore italico aveva poi lenito quel retrogusto di vigliaccheria ch'era rimasto in bocca.
Dopo due anni, a volte pensi di essere tornato: in quel luogo, in quell'emozione. Ma non è mai così. Le menti argute ci dicono che ogni volta che facciamo l'amore è perché vogliamo ricreare l'esperienza della prima volta. Ma – anche se meglio di allora – non sarà mai così. Perché noi e loro dimentichiamo che siamo obbligati nella direzione della nostra freccia temporale. Di qui non si torna indietro.
Specialmente dopo la distruzione. Raccogliere le macerie per poi ricostruire. Sicurezze, relazioni, case: tutto nuovo,  magari più bello di prima. Stiamo meglio? Può darsi. Ma al netto dell'entropia: i lutti, le risalite, il calore disperso nell'universo.
Non so ponderare gli orrori e le difficoltà di chi viveva e magari vive ancora da quelle parti, più su, vicino a Fukushima, con un pericolo nucleare irrisolvibile e umanamente infinito. L'empatia infinita è però propria di dio, e così a me resta solo il mio sistema fatto di piccoli rancori irrazionali e quel poco di sofferenza che ho provato direttamente: il crollo di un sacco di certezze e dell'amicizia ideale con questo paese che – nonostante sia impossibile odiare un posto dove l'accoppiamento dei panda allo zoo di Ueno è notizia più importante della gravidanza di Kate Middleton – non è più stata ricucita.
E quando il terremoto torna, come il 7 dicembre scorso con una scossa di magnitudo 7.3, può anche fare il solletico alle strutture giapponesi (intonse – e ripeto: l'Italia sarebbe stata fatta a pezzi), ma la paura rimane: prima quella di rivivere la tragedia dell'11 marzo e poi quella che tutto vada ancora peggio; non è possibile che la prossima volta esploda il Fujiyama e ci seppellisca tutti in una nuvola di fumo? Ma quando non ci sono conseguenze, i cataclismi non sono tali e resta solo la fretta di dimenticare.

Crediamo che le cose succedano solo agli sconosciuti
Rinneghiamo la tragedia

Ma è l'unico modo che abbiamo per andare avanti. Scrivere fa bene, finché c'è inchiostro. Poi non resta che una "freccia senza direzione" e l'eccitazione nel provare un detersivo liquido di nuova generazione: pulisce a fondo, i capi escono teneri, profumati e candidi come un'anima ancora immacolata. Come quella di un figlio che dorme ogni volta che la terra trema. Vai a dargli torto.

30 gennaio 2013

Nuova recensione sul blog la Biblioteca Giapponese



Il blog la Biblioteca Giapponese ha pubblicato una recensione del mio libro che penso colga in pieno lo spirito del romanzo. Ringrazio Anna Lisa per l'attenzione e per la bella riflessione sulla mia opera.

12 settembre 2012

Articolo del 19 luglio sul Corriere della Sera


Devo fare mea culpa, poiché – sarò stato troppo eccitato alla vigilia della presentazione o che – mi ero completamente perso questo bellissimo articolo di Marco Torresini nelle pagine della provincia di Brescia del Corriere della Sera. Colgo l'occasione per ringraziare il giornalista orceano dell'attenzione e delle belle parole dedicate al libro.

05 agosto 2012

Aggiornamenti e varie ed eventuali

Il libro sta andando bene soprattutto in Orzinuovi: anche dopo la presentazione, in molti hanno chiesto una copia del libro tanto che ho finito tutte quelle a mia disposizione al momento (ricordo che il libro è sempre disponibile online tramite questa pagina). Avrò nuove copie per la metà della settimana prossima.
Le reazioni dei primi lettori sono state molto positive, con commenti molto lusinghieri da "mi sembra scritto molto bene" a "potresti essere un nuovo Céline". Ciò che mi fa più piacere è che la maggior parte di voi l'ha finito d'un fiato, segnale che il libro è tutt'altro che noioso ai più.
Qualche settimana fa ho lanciato un invito nella pagina delle Ispirazioni multimediali a trovare tutte le citazioni di Guccini contenute nel libro: qualcuno si è davvero impegnato nell'impresa e devo annunciare che la copia del libro con dedica è stata vinta da Bruno Zanotti a cui la consegnerò al più presto. Complimenti!
Da oggi apro una pagina di Errata corrige: mi sarà utile in futuro per ricordare i refusi rimanenti nel libro (spero non siano molti!) Potrete segnalare nei commenti quelli da voi trovati.
Ringrazio ancora una volta tutti coloro che hanno letto "La tristezza del petto di pollo nipponico" e a presto.